In questo secondo millennio in cui ci troviamo a vivere, nell’opulenza del tutto, soffriamo per un qualcosa che ci manca. E’ il bisogno di umanità, immersi come siamo in un mondo virtuale, ad accellerazione massima.
Pur coscienti del valore terapeutico nel rapporto paziente-operatore di salute - sembra non ce ne sia più il posto. La cultura occidentale, dominata da un contesto individualista e solipsista, ha creato un presupposto di completa separazione tra l’io e l’altro.


Il paradigma individualista non è peró l’unico possibile. In filosofia come in teologia, in economia come in psicanalisi, nelle scienze cognitive come nelle scienze mediche il paradigma relazionale è già emerso.
L’essere umano, in quanto persona, è così definito non solo per le sue caratteristiche e competenze individuali ma, fondamentalmente, per il suo essere in relazione.
Il metodo di fisioterapia Mézières risponde a questo paradigma.
Nella sua applicazione, bisogna osservare il paziente non solo sul piano frontale e sagittale, ma quasi entrando “nella sua pelle” e continuare questa osservazione-analisi-valutazione dei mutamenti morfologici in un’educazione del paziente verso la presa di coscienza delle diverse sensazioni che si succedono.
Il paziente si sorprende di vivere in blocco inspiratorio, scopre che il corpo ha memorizzato tutti i traumi, ma impara a eliminarne le conseguenze e
assapora la novità dell’ espirazione volontaria e del notare la reversibilità di un gran numero di traumi.
Questo procedimento dà dignità al paziente, che si sente preso in considerazione massima e al terapeuta che va al di là dell’essere un ingegnere corporale.
Il fatto che il paziente permetta che si entri così nella sua sfera personale – a volte così intimamente chiusa a chiunque – esprime una fiducia che non può essere delusa e che richiede reciprocità.
Si cresce reciprocamente in fiducia e pazienza.
C’è un tunnel da percorrere insieme, perché ognuno, con i suoi ritmi, è un mistero pure a se stesso.
Fra le impressioni degli ultimi dieci anni, scelgo quella di un’artista plastica con tendiniti bilaterali ai polsi, gomiti e spalle: ”Ritrovo un equilibrio e un’armonia impensati dopo ogni sessione. E’ come se ogni cosa ritrovasse il suo posto. Nel fisico e non solo. Una nuova creazione”.

Corinna Cappozzo

Centro de Recursos e Reabilitação - Abrigada (Lisbona)

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