Esperienze di un oculistaal Sint Antonius Ziekenhuis Nieuwegein. Più del 30% dei nostri pazienti sono stranieri, per cui la comunicazione comprende sia l’aspetto linguistico sia quello culturale. Sono consapevole del fatto che anche loro sono pazienti che devo curare, e li tratto allo stesso modo dei connazionali.

Non senza sforzo ho cambiato il mio atteggiamento abituale. Avevo l’abitudine di salutare dando ad ognuno la mano personalmente. La maggioranza delle persone lo apprezzano, ma le donne straniere no. Questo rifiuto alla mia stretta di mano, era per me un segnale: prestare attenzione al paziente, in questi casi, significa non porgere la mano... Alla fine, è il rapporto che conta.

Anche la lingua era un problema: normalmente mi aiutava un traduttore, il figlio o la figlia del paziente, così ho imparato pian piano a dar loro la stessa spiegazione sulle cure e le terapie che ai pazienti olandesi, senza discriminazioni sociali.

Questo ha sortito effetti sorprendenti. I pazienti sono in maggior parte musulmani, generalmente molto amabili di carattere. Fanno parte di una comunità molto unita e di solito vengono da me perché qualcuno della comunità gliel’ha suggerito; così quando vengono in visita per la prima volta hanno già fiducia in me, e questo, a sua volta, mi fa risparmiare del tempo. Mostrare rispetto per la loro religione è molto importante. Una volta un paziente, prima che iniziasse l’operazione, ha detto brevemente: «Allah aiuta sempre». Alla fine dell’intervento gli ho detto che tutto era andato bene e che ora avrebbe dovuto ringraziare Allah. Lo fece.Esperienze di un oculista

Mettere il benessere del paziente al primo posto, a volte vuol dire lasciare da parte anche i piccoli interessi finanziari o di fama. Per esempio, nel caso di cataratta, se si privilegia l’interesse del paziente, si consiglia a volte di aspettare ancora un po’, con il rischio che il paziente dopo poco tempo magari vada da qualcun’altro che lo opera immediatamente, come spesso avviene nella prassi odierna. Questo accade perché vi sono delle differenze di onorario medico e più interventi si fanno più si sale nello status e più si è produttivi…

2. Con l’ospedale

In Olanda, ora, stanno sorgendo tante cliniche private che fanno concorrenza agli ospedali normali. Offrono stipendi più alti e migliori condizioni di lavoro. Per questa ragione, nel giro di due anni, quattro dei miei colleghi hanno lasciato l’ospedale. La direzione dell’ospedale stava ad osservare l’evoluzione delle cose, ma intanto non investiva in nuove apparecchiature. Le nostre condizioni lavorative peggioravano, non solo per via della carenza di strumenti, ma anche per il sovraccarico di lavoro. Ad un certo punto siamo rimasti solo due oculisti a coprire due ospedali diversi che si erano unificati (rimaneva una direzione con due edifici in due posti diversi della stessa città). Le nostre proteste non venivano ascoltate. Mi è venuta allora l’idea di parlare alla direzione con un linguaggio che capisse. Abbiamo elaborato un “master plan” in cui abbiamo analizzato tutto nel dettaglio: dalla nostra proposta di metterci insieme in un solo edificio (perdendo spazi, ma chiedendone altri nuovi), a quella di nuovi materiali, ai tempi di realizzazione, secondo un giusto ordine, ecc. Ho cercato di stendere il piano in maniera professionale, aiutato anche da mio figlio che studia marketing. Ci abbiamo lavorato per sei mesi, poi l’abbiamo presentato alla direzione con un power point. Quindi la direzione è venuta a vedere con noi i posti di cui parlavamo e abbiamo potuto esprimere le nostre esigenze concrete. Il direttore diceva: «Finalmente un piano costruttivo di qualcuno che ha pensato con noi. Faremo come è scritto qui, alla lettera». E così è stato! Abbiamo ricevuto tutto! Spazi vicini alle nostre sale operatorie, materiali, tutto! Adesso sperimentiamo i vantaggi di questa decisione, perché lavorando vicini abbiamo la possibilità del consulto intercollegiale nei casi difficili, e i pazienti lo apprezzano e invece di dire: «guarda questo medico che non sa» dicono: «mi hanno visitato due specialisti». Adesso i pazienti aumentano e si raccomandano l’un l’altro facendoci pubblicità col passaparola. Abbiamo anche potuto assumere nuovi colleghi.

Nel mio ruolo di membro della commissione che si occupa dei reclami fatti ai medici o all’ospedale, vedo che c’è bisogno di tatto per giudicare gli sbagli degli altri specialisti. Ho imparato molto vedendo che le apparenze esterne sono spesso certezze vacillanti. Ai miei colleghi oftalmologi dico di non giudicare mai gli altri sulla base di informazioni ricevute, perché non si sa mai esattamente come i fatti sono accaduti realmente, e questo riguardo agli errori, ma anche a cose che magari non sono necessarie.

Un giorno una paziente venne da me per avere un secondo parere. Si presentò con delle foto e tanti esami per un’affezione che non riscontravo. Non potevo dire altro che la verità, ma senza giudicare e soprattutto senza attaccare il mio collega. Con i colleghi della città ci conosciamo e ci chiamiamo per telefono per informarci di un certo caso o chiedere di rivedere un dato paziente. Con la consapevolezza del fatto che anch’io posso sbagliare, cerco di essere umile quando vedo che i colleghi fanno degli errori e spero che gli altri facciano lo stesso qualora succeda anche a me.

3. Nell’insegnamento

Ho fatto una bella esperienza impartendo delle lezioni sulla terapia con laser a tirocinanti in oftalmologia e colleghi che stanno appena incominciando la carriera professionale. Alla fine di ogni corso si somministrano dei questionari per assegnare un punteggio di gradimento per l’insegnamento. Le mie lezioni sono state molto apprezzate, una volta sono risultato il secondo e un’altra il primo nella valutazione. E continuano a chiedermi di tenere queste lezioni. Credo che la ragione stia nel fatto che cerco di dare tutta la mia esperienza e di non nascondere i dettagli che ho scoperto (direi quasi “i trucchi” personali), così che possano effettuare la terapia come me, senza dovermi inviare i pazienti difficili, per cui non rimangono interrogativi.

Mi comporto in questo modo per i miei colleghi, ma soprattutto per i pazienti affetti da problemi gravi della retina. E so che questo rimarrà e andrà avanti anche dopo la mia carriera professionale.

 

di GERARD VAN MEEL

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