A questo proposito, uno studio eseguito su un campione di 175 malati di cancro presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano -Italia-, evidenzia una migliore qualità di vita legata non tanto al livello di informazione ricevuta, (quanto precisi siamo stati …) quanto al grado di soddisfazione provato per l’informazione ricevuta (cioè “come” siamo riusciti a comunicare).
E’ questo il punto: purtroppo viviamo in un contesto socio-culturale in cui spesso, (come afferma il saggista francese Guillebaud) “il quanto passa davanti al come. Ciò che si conta diventa più importante di ciò che conta. L’urgenza presunta ha la precedenza sull’essenziale”.
Invece non va mai dimenticato, come afferma l’articolo 5 della “Carta di Firenze”, che “Il tempo dedicato all’informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura”.
Per noi di MDC questo è un punto nodale, tanto che nel 2007 abbiamo organizzato a Roma un Congresso Internazionale dove più di 600 professionisti di 35 nazioni si sono confrontati proprio sul tema della “Comunicazione e relazionalità in Medicina”.
Di quell’evento ricordo in particolare una affermazione che mi ha sempre accompagnato in questi anni: “Se la biologia molecolare è stata adottata quale paradigma della medicina del 20mo secolo, il paradigma medico per il 21mo secolo dovrebbe essere centrato sulla relazione …”.

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